I sistemi alimentari rappresentano la grande sfida per il benessere sociale e la programmazione di un futuro senza problemi di nutrizione, salvaguardando al tempo stesso la salute degli ecosistemi, la sicurezza alimentare, la cultura e il paesaggio. Tutto questo senza perdere di vista temi fondamentali come la riduzione della biodiversità, il consumo idrico, le emissioni di gas serra e l’inquinamento delle falde che conducono diritti all’esatto opposto dei risultati da ottenere.
Alla base di tutto c’è il comportamento del singolo individuo. Le decisioni su cosa mangiare consentono di orientare la produzione in quella direzione. Ogni scelta ha un impatto diverso sulla salute del Pianeta.
“Il cibo è un bene primario, non solo necessario, ma anche legato a cultura e tradizioni. Il nostro modello di produzione è cambiato molto nel tempo e oggi sappiamo che il sistema legato ad agricoltura industriale e allevamento intensivo è al tempo stesso vittima e carnefice dei cambiamenti climatici, e causa di impatti pesanti per ambiente, biodiversità e salute” spiega il professore Vincenzo Peretti della Federico II.
“Il declino di impollinatori come le api, l’inquinamento di acqua, suolo e aria, la deforestazione, il consumo di risorse primarie, i pesticidi, gli Ogm, l’uso di antibiotici, l’incremento di epidemie, la mancanza di benessere animale sono tutte facce della stessa medaglia: la produzione intensiva di cibo, dove la maggior parte dei guadagni non arrivano certo ai coltivatori e nemmeno agli allevatori oppure ai pescatori. Non serve seguire “mode”, ma semplicemente conoscere quello che si sta mangiando e ridurre il consumo di alimenti a grosso impatto ambientale. Non servono leggi, basta volerlo” aggiunge.
Occorre fare pendere la bilancia della giustizia alimentare nella giusta direzione. Proprio questo è il nodo da sciogliere: “Alla globalizzazione -continua Vincenzo Peretti- che spinge su quantità, meno qualità (cosa differente è la sicurezza alimentare) e riduzione dei prezzi alla produzione, dovremmo rispondere con importanti politiche di differenziazione dei prodotti, sostegno alle imprese e vera comunicazione per biodiversità, artigianalità e sostenibilità”.
La soluzione sembra essere semplice ed a portata di mano: “Dobbiamo ritornare a lavorare i “nostri” terreni. Troppa terra è rimasta abbandonata e incolta. Occorre ripopolare le montagne, salvaguardare il mare e le specie marine. Si deve ritornare ad allevare e coltivare in modo sostenibile. Mangiare sicuramente meno carne e di qualità, evitare “mode” alimentari, seguire le stagioni, pagare il giusto, non pretendere di vedere nei prodotti al banco il “bello, luccicante e colorato”. Comprare, da “filiere garantite”, alimenti locali e visitare di persona le aziende produttrici (certo non è possibile farlo tutti i giorni, ma periodicamente si, l’aria di campagna e di mare fa bene). In poche parole, ritornare a mangiare attraverso i 5 sensi e riscoprire il cibo Vero” conclude.