I due governatori vorrebbero incassare il prima possibile il consenso di cui sembrano godere nell’emergenza: la freddezza di Salvini e del Pd
di Emilia Patta
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Alla fine il pressing dei governatori per votare il prima possibile nelle regioni, in particolare da parte del presidente del Veneto Luca Zaia e della Campania Vincenzo De Luca, non ha superato le ultime resistenze del governo.
La strana coppia Zaia-De Luca
Una strana coppia, quella formata dal leghista Zaia e dal democratico con piglio da sceriffo De Luca, divisi su tutto – a cominciare da quando riaprire, con Zaia che spinge per riaprire tutto subito e De Luca che minaccia di ricacciare indietro chi dovesse arrivare in Campania da altre regioni – ma uniti dalla comune esigenza di capitalizzare il prima possibile un consenso che in queste settimane risulta molto alto per entrambi. Se si scavalla l’estate, magari con gli effetti della recessione che si cominceranno a sentire, il consenso potrebbe svanire così come è arrivato. Per di più De Luca, a differenza di Zaia la cui ricandidatura non è stata mai messa in discussione né nella Lega né nel centrodestra, non ha ancora ottenuto dal suo Pd il via libera ufficiale a correre per la riconferma: prima dello scoppio dell’emergenza sanitaria i democratici non escludevano di puntare su un altro candidato se questo avesse ottenuto il sostengo dei riottosi pentastellati.
Il Cdm corregge in corsa il decreto
Fatto sta che il decreto che rinvia all’autunno prossimo le regionali e le comunali che si sarebbero dovute tenere questa primavera è stato cambiato in corsa durante il Consiglio dei ministri: mentre il testo di ingresso prevedeva la possibilità di tenere le regionali (si deve votare in Val d’Aosta, Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Campania e Puglia) a partire dal 12 luglio fino a fine ottobre, il testo di uscita unifica la finestra delle regionali e delle comunali in circa mille comuni: dal 15 settembre al 15 dicembre.
Le ragioni sanitarie del rinvio all’autunno
A mettersi di traverso contro l’ipotesi di un voto nelle regioni in piena estate è stato per primo il ministro della Salute Roberto Speranza, preoccupato per una possibile ripresa dei contagi quando ancora non è chiaro quando potrà partire la fase 2, subito sostenuto dalla delegazione pentastellata al governo. «Lo svolgimento delle elezioni richiede non solo che sussistano condizioni di sicurezza sanitaria il giorno fissato per il voto – ha spiegato il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà, del M5s – ma anche che si sia assicurato il pieno ed effettivo esercizio dei diritti politici nella fase precedente, durante la quale si raccolgono le firme per presentare le candidature e si svolge la campagna elettorale».
Possibile election day il 27 settembre
L’ipotesi del governo è dunque quella di un election day tra settembre e ottobre che includa regionali, comunali e referendum confermativo sulla riforma costituzionale che taglia di un terzo il numero dei parlamentari, già rimandato di sei mesi con il decreto Cura Italia di marzo. Lo stesso D’Incà ha indicato ai colleghi, durante il Cdm di ieri, la scadenza di fine settembre per celebrare l’ection day (la data cerchiata in rosso è domenica 27): se il virus continuerà a circolare sarà ancora caldo – è l’argomentazione condivisa dai ministri – mentre in autunno inoltrato sarà probabile una seconda ondata.
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