L’attore, incredulo per la sentenza particolarmente dura nei suoi confronti fra i vari indagati, chiese a Luca Palamara di indagare a sua volta

Raoul Bova
La percezione di aver subito un’ingiustizia, di essere l’unico tra gli imputati ad avere avuto la peggio. E la richiesta di fare qualcosa. Nel caso Luca Palamara, già sostituto procuratore a Reggio Calabria e Roma, poi presidente dell’Anm quindi membro del consiglio del Csm, ora oggetto di indagini, spuntano intercettazioni in cui l’attore, sconvolto dalla richiesta di condanna nei suoi confronti, chiedeva a Palamara di indagare sull’inchiesta che lo riguardava. I Pm, nel 2017, avevano chiesto un anno e sei mesi di carcere per Bova, per aver evaso 680 mila euro tra il 2005 e il 2010. L’attore trovava ingiusto e persecutorio l’impianto dell’inchiesta. Come si legge in una delle intercettazioni ora pubbliche: “Ti prego di indagare su questa sentenza, la trovo un’ingiustizia senza precedente. Tutti assolti tranne me”.
In attesa dell’appello
A tentare di rassicurare Bova dopo la condanna, l’avvocato difensore Giulia Bongiorno: “Sarà ribaltata in appello”. Ma anche lo stesso Luca Palamara che rispondeva: “Non finisce qui. Non bisogna mollare ora. Sono veramente rammaricato”. A seguire, il tentativo dell’attore di incontrare il magistrato fra il 30 giugno e il 9 luglio del 2017, durante un evento pubblico: “Fammi sapere per il 9 per organizzare l’ ospitalità. Sarà una serata molto bella e come rappresentante delle istituzioni sarebbe un segno tangibile e di speranza per chi vuole credere nella legalità”. Nel frattempo ecco la sentenza di condanna, con Raoul Bova incredulo: “Valsecchi (il produttore, ndr) ha avuto quello che voleva. Ti chiedo di verificare se ho meritato una condanna così dura. Così mirata. È stata considerata una manovra premeditata. Sono sotto shock. Ma in tutto questo il commercialista non ha alcuna responsabilità?”.
In attesa di riscattare la propria immagine
Di fronte al giudice, nel 2017, la sorella e collaboratrice di Raoul Bova, Daniela, e la ex moglie Chiara Giordano, avevano patteggiato 6 e 8 mesi di carcere di fronte all’accusa di aver usufruito di sgravi fiscali irregolari riguardanti, tra l’altro, la miniserie tv Come un delfino. Coinvolti nell’indagine anche quattro manager cinematografici. Le due donne erano state ammesse al patteggiamento dopo aver restituito integralmente l’ammanco. Sentenza più severa per Bova, da qui la sua reazione. Il suo avvocato, Giulia Bongiorno, di fronte alla condanna a 1 anno e 6 mesi ha detto: “La sentenza ha escluso che Raoul Bova abbia mai emesso fatture per operazioni inesistenti, quindi l’accusa relativa a presunte operazioni fittizie, che costituiva il cuore del processo, è stata sbriciolata dalla sentenza di assoluzione”. Ora si punta tutto sulla piena assoluzione in appello.