TORINO – La carriera di Paolo Rossi è molto di più di una “semplice tripletta al Brasile”. Quei tre gol che costarono l’eliminazione della Seleçao dai Mondiali in Spagna del 1982, però, sono l’immagine più emblematica della sua avventura da calciatore, un’impresa capace di unire tutti i tifosi italiani e consacrare il mito di Pablito. Lui stesso lo ha sempre rivendicato con orgoglio. Anni fa ci ha addirittura intitolato il un libro, “Ho fatto piangere il Brasile“: “Io sono il centravanti della tripletta ai brasiliani. Sono anche altre cose, ma quella prima di tutto. Mi rivedo con quella maglia azzurra numero venti. E devo ammettere che mi fa piacere. A differenza dei club, che dividono, la Nazionale unisce“.
In questa biografia Paolo Rossi ripercorre la sua vita, per lasciare un messaggio ai più giovani, come ripetuto più volte in questi anni: “Voglio far capire loro che uno qualsiasi, uno normale, può farcela. Io non ero un fenomeno dal punto di vista atletico, non ero neanche un fuoriclasse. Ma ero uno che ha messo le sue qualità al servizio della volontà. Mi pare un buon messaggio, non solo nello sport“.
Il tassista in Brasile
Nella sua vita ci sono stati momenti meravigliosi ma anche bui. Quello più luminoso resterà per sempre quella tripletta ai Mondiali, allo stesso tempo uno dei più brutti per la storia calcistica dei brasiliani, come spiega bene un episodio accaduto nel 1989: “Erano passati sette anni ormai dal Mondiale in Spagna, ma per loro quella sconfitta con l’Italia era ancora una ferita aperta. Mi trovavo a San Paolo, dove mi avevano invitato a giocare un torneo tra ex calciatori. Un tassista brasiliano, dopo aver fatto con la sua auto un centinaio di metri, mi riconobbe dallo specchietto retrovisore, frenò di colpo e urlando come un pazzo mi ordinò di scendere: ‘Lei è il carrasco do Brasil’ (‘il boia del Brasile’, ndr) che mi ha fatto soffrire da matti e ha gettato nel dolore, in quella notte spagnola, un’intera nazione. Fuori da qui!“. Ne parlava sempre con il sorriso, Paolo Rossi. Faceva parte dei tanti aneddoti di una vita che si è goduto fino all’ultimo e nella quale non avrebbe cambiato una virgola: “Bella, senza nostalgia né rimpianti“.
Fonte tuttosport.com