Il passato è lontano, sfumato. Da esso giungono a noi le opere d’arte, come relitti spinti su una spiaggia. Furono create da artisti e desiderate da committenti che conferivano loro significati, intenzioni, valori e, naturalmente, prezzi oggi talvolta faticosi da comprendere. Spesso le ammiriamo come splendidi capolavori, ma qual è il loro senso all’interno dei contesti in cui furono concepite?
Quanto valevano un dipinto o una scultura rispetto a un arazzo o a un oggetto di uso comune? Un artista era libero nella sua creazione? In che modo esprimeva il suo sentire religioso? Qual era la sua posizione nella scala sociale? Quali erano i suoi rapporti con il committente? Quali erano le sue fonti di ispirazione? Insomma, come prendeva forma un capolavoro?
Per provare a dare delle risposte, abbiamo selezionato il nostro Rinascimento guardandolo da un punto di vista specifico: cinquant’anni di vita artistica nella terraferma veneta, dal 1550 alla fine del secolo, con uno sguardo particolare su Vicenza, i suoi artisti Palladio, Scamozzi e Jacopo Bassano e i loro amici e sodali in molte occasioni Alessandro Vittoria, Paolo Veronese, Palma il Giovane. È il risultato di un momento in cui l’arte veneta è investita dall’impatto rivoluzionario di Raffaello e Michelangelo, che scardina le scuole regionali proponendo un linguaggio nuovo, di portata nazionale, che trionferà in tutta Europa nei secoli successivi. È il linguaggio del Rinascimento italiano o – come lo chiamava Giorgio Vasari nelle sue famose Vite (1550 e 1568) – la “maniera”.
L’esito è un repentino cambio di gusto e di modelli. Gli artisti diventano più visibili nella società e scalano i ranghi sociali, aspirando a trasformarsi in intellettuali e gentiluomini. Di arte si parla non più solo in ristrette cerchie di specialisti ma in libri che hanno circolazione presso un pubblico più vasto di amatori e collezionisti. Le discipline si caratterizzano sempre di più e le botteghe si strutturano con modalità di produzione sempre più efficaci al fine di aumentare la produzione di opere. I meccanismi del fare arte, tuttavia, cambiano poco rispetto agli artisti-artigiani del secolo precedente, con le idee registrate repentinamente su un foglio o plasmate con le mani in un bozzetto.
Abbiamo pensato di guardare a quel momento, ma dall’osservatorio della terraferma vicentina e con uno sguardo contemporaneo, che ponga accanto alla pittura anche la scultura e l’architettura, che indaghi la dinamica dei processi creativi – dal disegno alla realizzazione finale –, le complesse dinamiche fra artisti e committenti, il valore economico delle opere nel quadro del collezionismo e del nascente “mercato dell’arte”, le strategie di ascesa sociale di artisti e architetti, che usano sempre di più la carta stampata come mezzo di autorappresentazione e autopromozione.
Guido Beltramini, Davide Gasparotto, Xavier Salomon e Mattia Vinco