«Senza rappresentare necessariamente un contraltare rispetto alla struttura messa in piedi presso la Protezione civile», ci informava ieri, cautamente, il Sole 24 ore, Giuseppe Conte sta lavorando già da qualche giorno alla creazione di «una task force che dovrebbe vedere la luce dopo Pasqua». Task force che dovrà studiare la famosa fase 2, e di conseguenza conterà nelle sue file meno virologi ed epidemiologi, e più manager, sociologi, psicologi.
E sarà guidata da Vittorio Colao, che da ieri va ad aggiungersi alla già fitta schiera dei commissari, consulenti e condottieri chiamati in aiuto da Palazzo Chigi. O anche dalle Regioni, come nel caso di Guido Bertolaso, assunto come commissario in Lombardia, dopo che Conte gli aveva preferito Domenico Arcuri.
Tutte personalità chiamate a coordinare gli sforzi con cui lo stesso Colao, verosimilmente, dovrà a sua volta sforzarsi di coordinarsi. Senza dimenticare ovviamente gli altri componenti della task force, i numerosi consulenti già a vario titolo nominati a Palazzo Chigi e l’ormai famosissimo comitato tecnico-scientifico.
Resta da capire perché, considerato l’affollamento, Conte abbia sentito l’esigenza di ulteriori coordinamenti. Chissà. Sarà stato magari anche per un momento di legittimo sconforto, dopo aver saputo che il quartultimo o quintultimo consulente ingaggiato a marzo per illuminare il governo, Gunter Pauli, non esitava a dichiarare che «la soluzione non è più la disinfezione: la soluzione è rafforzare il nostro sistema immunitario con aria, acqua e cibo sani».
Roba da far morire di crepacuore tutto il comitato tecnico-scientifico, a cominciare dall’esimio professor Brusaferro, sempre presente, in spirito, nelle conferenze stampa di Conte, che ne ripete il nome prima di ogni misura come in un rosario; e fisicamente, perché regolarmente invitato, in quelle della protezione civile, tenute quotidianamente (salvo breve interruzione per motivi di salute) da Angelo Borrelli.
Vedremo quanto una simile superfetazione di commissari, commissioni e task force ci permetterà di venire a capo della situazione. Per il momento, l’impressione è che la loro funzione principale sia fare da schermo al governo, per tutte le decisioni di cui non vuole prendersi la responsabilità, così da poter continuare a spacciare ogni scelta come la voce diretta e indiscutibile della scienza, rintuzzando ogni obiezione con il ritornello secondo cui questo non è il momento delle polemiche. In compenso, è sempre il momento delle conferenze stampa, e delle commissioni.
Ma questa davvero non è una novità. Al contrario, è una delle più antiche tradizioni nazionali. Potremmo chiamarla la via italiana al problem solving, già ben descritta da Cesare Pascarella, oltre cento anni fa: «E invece de venì a ’na decisione, / — Sa, je fecero, senza complimenti, / Qui bisogna formà ’na commissione. / Lei j’annerà a spiegà de che se tratta, / E, dice, quanno loro so’ contenti, / Ritorni pure che la cosa è fatta».
Il governo vuole fermare il virus con un’epidemia di commissioni, commissari e conferenzieri