Che effetto le fa vedere suo figlio nell’albo d’oro accanto a campioni del calibro di Messi, Rooney, Pogba, De Ligt, Mbappé…
«Erling è in bella compagnia, no? La lista è impressionante, parliamo di quasi tutti giocatori che non si sono fermati dopo il Golden Boy e sono diventati campioni affermati. A mio figlio auguro lo stesso percorso. Vorrebbe dire realizzare il sogno che aveva da bambino».
Chi erano gli idoli Erling quando andava a scuola?
«È nato attaccante, fin da piccolo. Infatti adorava le punte che segnavano tanti gol, due in particolare: Ibrahimovic e Cristiano Ronaldo. Aveva un debole anche per il Mario Balotelli degli anni del Manchester City».
Prima di Ibra e CR7, era Holly il “supereroe” preferito di Erling?
«Fantastico Holly! Ma forse era più Robin Hood. Ricordo che una volta siamo andati a fare un giro insieme nella Foresta di Sherwood, l’introvabile “nascondiglio” del leggendario arciere. Erling è nato quando io giocavo a Leeds, ma in precedenza io avevo vestito anche la maglia del Nottingham Forest. Così una volta, quando Erling era bambino, siamo tornati tutti assieme a Nottingham, un’oretta d’auto da Leeds».
Nel Nottingham Forest, nel 1995-’96, è stato compagno anche dell’ex granata Andrea Silenzi: le ha mai raccontato qualcosa dell’Italia e del Torino?
«Ho un bellissimo ricordo di Andrea, persona speciale e grande attaccante. In casa conservo una foto delle nostre famiglie insieme. Ad Andrea, soprattutto all’inizio dell’esperienza inglese, mancavano molto Torino e l’Italia: aveva nostalgia. Ricordo che non amava troppo il tè british… (risata). Però era un top. A Nottingham ho giocato anche con Bryan Roy, l’ex Foggia».
Francesco Totti nel suo docufilm racconta che il padre gli regalava 5 mila lire a ogni gol da bambino: faceva così anche lei con Erling?
«Non ce n’era bisogno… Erling era già super motivato di suo da piccolo, non aveva bisogno di altri stimoli. Voleva segnare sempre, per lui e per far vincere la sua squadra. Detto questo, se mio figlio facesse una carriera come quella di Totti, che è una leggenda, sarei molto felice».
Come andava Erling a scuola?
«Fin da bambino aveva in testa soltanto lo sport. Del resto è nato in una famiglia dove il papà faceva il calciatore e la mamma era campionessa di eptathlon. Non stava mai fermo, praticava un po’ tutto: atletica, tennis, golf e ovviamente calcio, la sua più grande passione. A scuola non era né il migliore né il peggiore, viaggiava a metà strada. La materia preferita di Erling era geografia. Tra gli hobby aveva anche la cucina. Fidatevi di me: è un ottimo chef (risata)».
Qual è il “piatto Haaland”?
«Qualche specialità a base di carne o pesce, sempre piatti molto salutari. Erling è maniaco dell’alimentazione sana e apprezza tanto anche la pasta italiana».
Suo figlio assomiglia più a lei o alla mamma Gry Marita?
«Direi che è un buon mix: da me ha preso il calcio, da mia moglie il grande atletismo».
Adesso che Erling è infortunato potrà pensare anche a qualche hobby extracalcio?
«È sempre focalizzato sul pallone e su quello di cui necessita per migliorare: l’alimentazione, le cure…».
Lei a chi paragonerebbe suo figlio?
«Viene naturale accostarlo ad attaccanti prestanti fisicamente, tipo Van Nistelrooy, ma penso che Erling sia abbastanza unico nel suo stile. Anche io fatico a fare dei paragoni».
Guardando suo figlio più da ex difensorecentrocampista che da padre, cosa ha Erling di speciale?
«Non è mai soddisfatto di se stesso e si allena in continuazione perché vuole diventare il migliore. È davvero super focalizzato, vive per il calcio e per il gol. L’avete visto anche voi: se segna due reti e viene sostituito, esce arrabbiato perché voleva restare in campo per cercare un altro gol. A questa attitudine mentale abbina una buona tecnica, un eccellente tempismo e una capacità innata di capire in anticipo dove arriverà la palla in area: per questo realizza molti gol. E poi Erling ama la competizione, le sfide. Era così anche da bambino. Dalla Norvegia è andato in Austria, al Salisburgo. E da un anno è in Germania».
Dove immagina suo figlio dopo il Borussia Dortmund?
«Adesso è molto felice lì, però Erling ama le sfide e nel calcio non si può mai sapere in anticipo cosa riserverà il futuro. Vedremo…».
In passato lei e Erling siete stati a Torino a vedere la Juventus…
«Sì, è vero. Bellissima esperienza. Abbiamo visto uno Juventus-Inter. Mi ha colpito l’atmosfera dello Stadium».
Ai tempi del Manchester City lei ha giocato anche con Peter Schmeichel: racconta mai a Erling qualche aneddoto sull’ex portiere leggenda della Danimarca e dello United?
«Qualche volta abbiamo parlato di Peter, un grande esempio di professionalità e mentalità vincente. Schmeichel ha smesso a 40 anni e io ho giocato con lui nel suo ultimo anno di carriera. Era incredibile. Pur avendo già conquistato ogni tipo di trofeo, voleva trionfare sempre, anche in allenamento».
Chi sarà il successore di suo figlio al Golden Boy 2021?
«È ancora troppo presto per fare un pronostico, ma penso che Bellingham e Reyna, entrambi compagni di Erling nel Borussia Dortmund, abbiano le carte in regola per concorrere».
Fonte tuttosport.com