In un’intervista a “El Paìs” il ventriloquo di Juncker, dopo i consueti anatemi sul debito italiano elogia la Spagna perché non ha un governo “populista”. Tralascia di sottolineare che il debito spagnolo negli ultimi tre anni è salito di 121 miliardi
Quasi una risposta alla “svolta moderata” di Salvini nei confronti dell’Ue. Non basta, al nostro grande amico Moscovici, soprattutto perché non abbiamo il governo che lui desidera, e lo dice chiaramente. Il debito pubblico italiano negli ultimi tre anni è salito di 138 miliardi, quello spagnolo di 121: non c’è poi tutta questa differenza, anche perché lo sciagurato rigore che ci viene imposto ostacola gli investimenti produttivi. Ma quello che conta (e Moscovici lo sa benissimo) è che l’Italia riesce perfettamente a far fronte agli interessi sul debito: il suo avanzo primario -le entrate dello Stato in rapporto alle uscite- è sempre stato in attivo, a differenza di Francia e Spagna, il cui saldo è passivo, ed è previsto in ulteriore incremento nel 2018. Ma questo per i randellatori seriali di Bruxelles non conta. Classico gioco di sponda con il capo Juncker, che intanto si dice “rassicurato” dalle parole di Salvini.
Dovrebbe rileggersi, Moscovici, i libri di suo padre Serge, grande psicologo sociale romeno naturalizzato francese, morto nel 2014, che riteneva che tutte le persone possono essere sia fonte che bersaglio di influenza sociale, ma in misura diversa e in funzione del loro status. Però, diceva Serge Moscovici, la società è pensante e non imita in modo pedissequo e passivo ciò che pensa e realmente attua la classe dominante. Meditate, gente.
“Le regole devono essere rispettate, c’è flessibilità e l’Italia ne ha tratto beneficio, ma è nel loro interesse ridurre il debito pubblico”. Lo dice il commissario agli Affari economici e monetari, Pierre Moscovici, intervistato dal quotidiano spagnolo El Paìs. “Presto inizieremo i colloqui con l’Italia sul progetto di bilancio per il 2019, così come faremo con la Spagna – dice Moscovici – ho letto dichiarazioni sulla stampa, alcune migliori di altre, ma non risponderò alle provocazioni e andremo avanti con discussioni che sono delicate”.
“La Commissione non è la fonte dei problemi dell’Italia – continua il commissario europeo – se continuo a chiedere un consolidamento fiscale, è perché (l’Italia) ha un debito pubblico del 130%, che pesa sulla capacità del Paese di investire nei benefici dei cittadini e nella fiducia degli investitori. Il consolidamento fiscale non significa austerità, ma migliorare le politiche di spesa, eliminare le inefficienze, migliorare le infrastrutture, le capacità e la produttività, che è il problema chiave in Italia. Le regole devono essere rispettate, c’è flessibilità e l’Italia ne ha tratto beneficio, ma è nel loro interesse ridurre il debito pubblico”.
Alla domanda sulle parole di Matteo Salvini secondo cui il governo intende ‘sfiorare’ l’obiettivo di deficit senza superarlo, Moscovici replica che “non risponderò a dichiarazioni o provocazioni. Ovviamente il ritorno al 3% sarebbe un’inversione molto sostanziale. Ma non è un messaggio che viene dal Ministro delle Finanze e non è lo spirito che ci aspettiamo dal governo italiano”. Quanto ai timori di un contagio da parte dell’Italia alla zona euro, il commissario agli Affari economici aggiunge che “la discussione con l’Italia sarà sensibile. Ha un governo populista in cui ci sono alcuni ministri e leader politici che cercheranno di sfidare la zona euro. Non è il caso della Spagna. Non può essere paragonato. La Spagna Forse avrà problemi ad elaborare” alcuni aspetti del bilancio “ma ha un governo pro-europeo, che rispetta le regole e sta riducendo il deficit”.
Secondo Moscovici infine, dopo le elezioni italiane, la ‘finestra di opportunità’ per una riforma della zona euro “si è ristretta ma è ancora aperta. L’accordo di Mesenberg tra Francia e Germania è stato molto gradito, nonostante non fosse ambizioso come personalmente avrei voluto. Ho parlato con il presidente dell’Eurogruppo e insieme alla Commissione vogliamo lavorare per avere un accordo a dicembre. Non riteniamo che la possibilità di migliorare la governance e la capacità di fare politica nell’eurozona sia finita. Il processo non è morto. E’ vivo e vi dedicheremo molte energie quest’anno, dal momento che l’anno prossimo entreremo nel periodo elettorale”. (Fonte Agi)